Telemedicina ambulatoriale privata:
il 58% delle strutture dice “no”
Al di là degli obiettivi individuati nella Missione 6 del Pnrr, ancora molti sono gli ostacoli che rallentano la diffusione della telemedicina. Dall’indagine condotta da Fondazione Bruno Visentini in partnership con Iss e Fasdac arriva una prima fotografia per capire come le strutture sanitarie ambulatoriali private si rapportano con questo strumento.
Lo sviluppo della telemedicina e la sua affermazione come strumento cardine della sanità del prossimo futuro costituiscono uno dei punti focali della Missione 6 Salute del Pnrr.
Nella sua Componente 1 “Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”, il Piano si pone l’obiettivo di potenziare il Servizio sanitario nazionale anche attraverso lo sviluppo della telemedicina e dell’implementazione di soluzioni a sostegno dell’assistenza domiciliare rivolgendosi primariamente a pazienti con malattie croniche. L’obiettivo dichiarato è assistere 200.000 pazienti in telemedicina entro il 2025.
Superato un facile ottimismo da tecno-entusiasti e anche un certo fideismo verso la tecnologia, nato quando la clausura pandemica l’aveva fatta percepire come panacea di tutti i mali, ci appare sempre più chiaro come la strada per una piena diffusione della telemedicina nel nostro Paese sia ancora lunga e lastricata di sfide.
Ancora più irta è la strada per la diffusione della “corretta” telemedicina, ovvero una telemedicina non intesa ancora come uso di e-mail e messaggistica telefonica, bensì come modalità di erogazione conforme ai dettami delle linee guida vigenti. Sulla necessità di un cambiamento nell’approccio è concorde il professor Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro nazionale di Telemedicina dell’Iss che rileva come «vi sia ancora un considerevole utilizzo improprio di strumenti di messaggistica che sono considerati comunemente come strumenti di telemedicina, con le relative problematiche anche di sicurezza del dato sanitario che questo comporta; inoltre molto spesso le prestazioni di telemedicina vengono proposte e promosse utilizzando termini non corretti, improvvisando metodi di realizzazione, creando equivoci e poca trasparenza verso i pazienti».
Il tema diventa quindi come facilitare un cambiamento di questa portata, non solo tecnologico, ma soprattutto culturale e organizzativo; il cui impatto arriva forte sul paziente, che dovrà fruire di una prestazione in una modalità per lui nuova, e sull’operatore che dovrà convincersi, e convincere il proprio paziente, dei benefici che la telemedicina porta con sé.
E dopo l’approvazione dello scorso 21 settembre in Conferenza Stato-Regioni del decreto che prevede lo stanziamento di risorse per 432.049.248 euro da ripartire alle Regioni e alle Province autonome in base al fabbisogno dei servizi minimi di telemedicina, il cambiamento passerà anche dalle casse dello Stato.
Il panorama è ampio e sfaccettato, e per gestire al meglio questa sfida al cambiamento, diventa necessario poter meglio comprendere quale sia lo stato dell’arte della diffusione della telemedicina, quale sia la posizione degli operatori nei confronti della telemedicina, quali siano le loro intenzioni per lo sviluppo dell’offerta di prestazioni di telemedicina nel prossimo futuro.
Per contribuire a far luce sulla situazione attuale dello sviluppo della telemedicina in Italia, in occasione del convegno “Telemedicina e vicinanza della salute” che si terrà nel campus romano della Luiss il prossimo 12 ottobre, saranno resi noti i dati raccolti attraverso la prima indagine condotta in territorio italiano su oltre 300 strutture ambulatoriali private e convenzionate Ssn.
Lo studio è stato realizzato dall’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini e renderà disponibili i dati raccolti attraverso una indagine condotta in partnership con il Centro nazionale per la Telemedicina dell’Istituto superiore di Sanità e il Fondo di sanità integrativa Fasdac su oltre 300 strutture ambulatoriali private e convenzionate Ssn distribuite sul territorio nazionale.
Dalla fotografia scattata dall’Osservatorio emergono con chiarezza gli importanti ostacoli ancora da superare per far sì che la telemedicina diventi a pieno titolo uno strumento per avvicinare la salute al cittadino, laddove la maggior parte delle problematiche non sono di natura tecnica, ma organizzativa e culturale.
Un dato che emerge in maniera eclatante è racchiuso nella cosiddetta “matrice delle prospettive di sviluppo della telemedicina”: il 58% delle strutture intervistate dichiara di non offrire servizi di telemedicina e di non avere intenzione di inserire tali servizi nella propria offerta nel prossimo futuro; a questa elevata percentuale fa da controcanto un 13% che, all’opposto, offre servizi di telemedicina e ha intenzione di sviluppare ulteriormente la propria offerta.
La condizione di partenza è quindi una resistenza al cambiamento da parte del mondo ambulatoriale e il tema che si apre è quello di individuare risposte forti e convincenti per poter trasformare questa inerzia in una partecipazione attiva e diffusa.
Conoscere è il primo passo per decidere e dall’indagine emerge, numeri alla mano, come esistano diversi profili di criticità e come alcune variabili legate a dimensione e tipologia della struttura sanitaria comportino difficoltà e ostacoli allo sviluppo della telemedicina peculiari per ogni cluster.
L’indagine mostra ad esempio come da strutture con volumi di produzione diversi venga data diversa rilevanza agli ostacoli riscontrati allo sviluppo della telemedicina: per fare alcuni esempi, la “carenza della normativa in materia” è un ostacolo segnalato dal 14% di strutture di piccole dimensioni a fronte del 5% relativo alle strutture più grandi, mentre i valori si invertono osservando la “complessità dell’applicazione della normativa Gdpr”. Minori ma rilevanti differenze si rilevano osservando la “scarsa propensione/collaborazione del personale medico sanitario” che viene segnalata nel 17% delle strutture con volume minore di prestazioni e nell’11% delle strutture con maggior produzione.
I risultati di questa indagine costituiscono pertanto una preziosa risorsa per sviluppare strategie in grado di superare queste sfide e di incentivare lo sviluppo della telemedicina sia a livello generale come sul fronte tariffario, che specifico, come sul fronte organizzativo e normativo.